Quattroruote Aprile 2017

Alla notizia dell’acquisto della Opel da parte del gruppo PSA, la reazione dei media è stata duplice. Da una parte, gli stranieri hanno elaborato pensose teorie riguardo l’impatto sull'automotive del nuovo conglomerato industriale: il che è inevitabile, ché la somma delle due realtà racconta di una magnitudo complessiva di 4,31 milioni di veicoli l’anno e di un’incidenza – unite le rispettive quote – superiore al 15% delle vendite europee. Dall'altra, i giornalisti italiani – assecondando un andazzo autoreferenziale che francamente ci sta rendendo un po’ ridicoli agli occhi del mondo – hanno invece preferito concentrarsi sulle conseguenze di tale take-over sulla FCA. Al Salone di Ginevra, i colleghi hanno braccato Sergio Marchionne in ogni dove, cercando di fargli dire che ora il merger con General Motors è più facile, anzi…

SUCCEDE IL 6 MARZO IL GRUPPO PSA (Peugeot-Citroën-DS) acquista da General Motors il 100% della Opel (escluso il centro di ricerche per i motori diesel di Torino) per 1,3 miliardi di euro, dei quali 670 milioni in contanti e 650 in warrant (diritti di opzione) su azioni proprie, che peraltro GM si impegna a vendere entro 35 giorni a partire dall’esercizio del diritto di opzione. In altre parole, il colosso americano non diventerà mai socio del nuovo gruppo franco-tedesco. I principali azionisti di PSA (lo Stato francese, la famiglia Peugeot e la DongFeng, con il loro 36,6% del capitale sociale e il 51,5% dei diritti di voto) si sono impegnati ad approvare l’emissione dei warrant, ma se l’assemblea generale (convocata per il 10 maggio) non approvasse, PSA dovrà pagare i 650…

È DAL 2013 il capo della Opel, che ha preso in mano dopo esperienze di vertice nel gruppo Volkswagen e alla Continental. In quattro anni, Karl-Thomas Neumann ha svolto un lavoro di ristrutturazione doloroso (vedi la chiusura dello storico impianto di Bochum) e portato a termine un piano di rinnovamento della gamma completo e coerente. Un impegno che oggi - con la vendita ai francesi - viene premiato: la nuova proprietà gli ha infatti rinnovato la propria fiducia, ritenendolo l'uomo migliore per portare avanti un'integrazione oltremodo complessa. Nella conferenza di presentazione della vendita, sono state citate «ragioni geopolitiche» per l’accordo: può spiegare che cosa i vertici GM intendessero? Bisogna chiedere a Mary Barra e Dan Ammann. Quello che posso dire è che l’industria dell’auto sta cambiando: e l’Europa soprattutto, divenuta un palcoscenico…

CHE FACCIA selfie, tramite un obiettivo inserito in uno degli schermi ai lati del volante, può essere un dettaglio di poco conto. Ma la dice lunga sul target della Racemo, sportivina compatta e sfiziosa spuntata un po' a sorpresa su uno stand ginevrino, sotto il marchio, inedito, Tamo. A che cosa è riconducibile? Incredibile, ma vero: alla Tata. Sì, la Casa indiana produttrice della low cost Nano, non proprio un successo. Ma anche la regista silenziosa dell'affermazione di Jaguar e Land Rover. Ebbene, ora la Tata, che con il proprio marchio fatica a prendere il volo, vuole rifarsi una verginità con un sub-brand dedicato ai giovanissimi. Indiani, s'intende, perché, almeno per ora, la Racemo, primo prodotto della gamma, sarà costruita (in volumi ridotti) e venduta soltanto nel mercato di casa,…

IL PRIMO campanello d’allarme è squillato con l’impennata del prezzo del cobalto. Un metallo raro, oltre che estratto quasi per intero nella tutt’altro che tranquilla Repubblica Democratica del Congo, le cui quotazioni sono schizzate verso l’alto (+50% in un paio di mesi) sulla scia della prevista esplosione della domanda di vetture elettriche, con relative batterie agli ioni di litio. Nelle quali il cobalto svolge il delicato ruolo di stabilizzatore. Speculazione? Anche, ma non solo, se è vero che già quest’anno la domanda di cobalto supererà l’offerta di 900 tonnellate (almeno). E che è destinata a crescere al ritmo del 20% l’anno, per i prossimi cinque, sulla scia del continuo aumento della produzione di auto elettriche e ibride, se è vero quanto promesso dai costruttori: tre milioni dal gruppo Volkswagen per…

80 % LA QUOTA DELL'EXPORT di parti di autoveicoli italiani che resta all'interno dei Paesi dell'Unione Europea 9° POSTO LE NOSTRE AZIENDE che producono parti e accessori auto nel ranking mondiale 11° POSTO L'ITALIA per produzione di auto nel ranking mondiale (3% la quota di mercato) 4,8 MILIARDI IL SALDO NETTO delle esportazioni di componenti auto da parte delle aziende italiane (valore in euro, fonte: Sace) CHE COSA hanno in comune le automobili con il Lego? Tutto e niente. A parte il fatto che il vero mestiere delle Case è quello di assemblare pezzi, un po' come nelle costruzioni con i mattoncini danesi. Ovvio che le operazioni da compiere sono infinitamente più complicate. Ma, alla fine, quella che poi conta è la definizione inglese delle industrie automotive: Oem, Original equipment manifacturer. Anche per questo,…