Vanity Fair Italia 21 - MAGGIO 2022

Se vuoi, puoi. Storie, film, serie tv, articoli, copertine. Quante volte abbiamo visto, celebrato e poi noi stessi sognato di essere i signor nessuno che diventano eroi, le emarginate che diventano protagoniste, i poveri che diventano ricchi, le fallite che diventano imprenditrici di successo? Il mito del lavoro come riscatto, come premio, come vera realizzazione ci è stato tramandato come un imperativo, una lezione da imparare senza porre troppe obiezioni. Perché, così ci hanno fatto credere, se vuoi puoi e alla fine chi davvero ci crede ce la fa. Chi non ce la fa, invece, vuol dire che non ci ha creduto abbastanza. Negli ultimi anni, soprattutto dopo la pandemia, abbiamo realizzato quanto tossica sia questa cultura del lavoro. Quanto ci rubi vita, tempo, libertà. E quanto l’impiego non possa essere…

Maggio è il mese delle mamme, delle rose, della primavera. E maggio è anche il mese dei diritti. Del diritto al lavoro e del diritto alla salute mentale. Sì, anche la salute mentale è un diritto che viene celebrato in questo mese e che l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha recentemente posto al centro delle proprie politiche, riconoscendo che «non c’è salute senza salute mentale». È per questo che quando l’OMS parla di salute non si riferisce alla mera assenza di malattia, ma più appropriatamente a uno stato di completo benessere fisico, sociale e mentale. La pandemia ha causato un significativo aumento di disagio psicologico, aggravando condizioni di precedente sofferenza in molte persone e facendo emergere nuovo malessere in altre. Lo dicono le ricerche scientifiche e lo ha testimoniato il…

Come ha scritto la scorsa settimana Michele Serra su la Repubblica, le polemiche sulle molestie al raduno di Rimini degli alpini andrebbero «dealpinizzate», perché il problema non sono gli alpini ma sono i maschi: «Se ne concentri così tanti in una sola città, per giunta in quel clima di vacanza cameratesca, con la bottiglia che incombe come un totem, a molti di loro il cervello va in pappa. Anche trecentomila commercialisti, o impiegati postali, o ragionieri, o calciatori, lascerebbero, tra tanti bei ricordi, qualche pessima traccia della loro invasione. Troppa concentrazione di testosterone in un solo punto». Il fatto che per la prima volta quel che accade da sempre durante raduni ad alto concentrato di testosterone diventi un caso nazionale esecrato da tutte le persone ragionevoli di qualunque sesso, mi…

FAMMI UNA DOMANDA Sentirsi in colpa quando dico di non volere figli, perché? Perché ci hanno costruito un mondo politico, sociale, economico, culturale e religioso in cui la maternità per le donne è un passaggio ineludibile come la legge di gravità, perché abbiamo immaginato e raccontato in decenni di narrazione che diventare madri sia la cosa più bella del mondo, che nessuna donna sia davvero una donna senza un figlio, che una coppia, visto che è formata solo da due persone, non possa chiamarsi famiglia, perché non abbiamo ancora previsto nella normalità (e nella legalità) figure e nuclei per la società di domani, ma siamo attaccati con i denti a strutture vecchie e insufficienti. Mi pare il minimo che quando finalmente diciamo ad alta voce questa nuova verità, quando ci prendiamo lo…

Siamo al trentesimo anno. Alla trentesima corona d’alloro con il Tricolore, le autorità, il minuto di silenzio. Quel 23 maggio 1992 alle 17.56 il sismografo di Agrigento, a 65 chilometri di distanza da Capaci, registrò l’esplosione dei 500 chili di tritolo. Morirono Giovanni Falcone, la moglie, tre uomini di scorta. E da quel giorno, il rettilineo di autostrada che dall’aeroporto corre verso Palermo, non ha più smesso di tramandare quel boato fin dentro il cuore dell’Italia, che assisteva impotente al terrore mafioso scatenato da Totò Riina, il Capo dei capi, il fantasma di Corleone, latitante da 23 anni, anche se la moglie, Ninetta Bagarella, per quattro volte aveva partorito nella clinica più costosa di Palermo, registrandosi a suo nome, «coniugata Riina». Il boss che in quell’estate del ’92 ancora stava…

A più di due anni dall’inizio della pandemia e dal primo lockdown, imposto nella città di Wuhan il 23 gennaio 2020 e durato 76 giorni, circa 400 milioni di persone in Cina sono ancora bloccate in casa. Negozi chiusi, isolamento forzato, test di massa obbligatori, campi di quarantena sanitaria che somigliano a prigioni. La completa incertezza su quel che succederà si somma alla fame, quando la catena di distribuzione del cibo non funziona. Una delle città più popolose e importanti dell’economia locale, Shanghai, da qualche giorno ha ricominciato ad aprire alcune attività, ma è di fatto ancora paralizzata. Mentre il resto del mondo ha già iniziato una nuova fase della pandemia, quella della convivenza con il virus, il governo centrale di Pechino non ha alcuna intenzione di abbandonare o modificare…